CONVEGNO
"IL RISCHIO BIOLOGICO NELLE STRUTTURE SANITARIE"
Pescara
venerdì 30 novembre 2001
La profilassi vaccinale: contributo per
il controllo del rischio biologico nel personale sanitario
Dott.ssa Nicoletta Vonesch - ISPESL,
Dipartimento Medicina del Lavoro
Nelle strutture sanitarie si verifica una
concentrazione di soggetti infetti e materiali contaminati che determinano
un'elevata frequenza di esposizione a rischio biologico da parte del personale
di assistenza e dei servizi. Negli ultimi anni è aumentato l'interesse
suscitato da questo problema, grazie anche all'introduzione del D.Lgs 626/94
(1) e successive modifiche, che rappresentano il recepimento di direttive
comunitarie relative alla protezione dei lavoratori contro i rischi derivanti
da un'esposizione ad agenti biologici. Ultima di queste, non ancora recepita in
Italia, è la Direttiva 2000/54 del 18 settembre 2000 (2). Nell’ambito del
suddetto decreto il ruolo del datore di lavoro, di concerto con il medico
competente, è l’esecuzione di un’accurata e puntuale valutazione dei rischi.
L’art.86 afferma che se esiste un vaccino efficace e sicuro contro un qualsiasi
agente patogeno, deve essere offerto al lavoratore che per motivi professionali
sia esposto a tale rischio. L’allegato XI, integrato con il Decreto 12/11/99
(3), individua tra l’altro gli agenti biologici per i quali è disponibile un
vaccino efficace.
I vaccini rappresentano probabilmente il
più grosso successo della medicina moderna. Sono preparati biologici di elevato
potere antigenico in grado di indurre uno stato di immunità attiva nei riguardi
di determinati patogeni, al fine di proteggere dalle rispettive infezioni o
dalla manifestazione della malattia. Come tutti i farmaci e prodotti biologici,
possono essere responsabili di reazioni avverse: alcune di queste sono
prevedibili, altre invece si manifestano in modo inatteso; vanno segnalate,
oltre che al sistema di farmacovigilanza comune a tutti i farmaci (4,5), al
Sistema di Sorveglianza degli eventi avversi a vaccino, facente capo al
Dipartimento della Prevenzione, secondo le modalità scritte nella lettera
circolare n.400.2/26V/1961 del 23 marzo 1995 (6).
La legge 25 febbraio 1992, n.210 (7),
modificata ed integrata con la legge 25 luglio 1997, n.238 (8), riguarda
l'indennizzo a favore di soggetti danneggiati da complicanze a causa di
vaccinazioni obbligatorie. La Corte Costituzionale ha recentemente esteso il
diritto all'indennizzo anche a cittadini a rischio operanti in strutture
sanitarie ospedaliere sottoposti a vaccinazioni anche non obbligatorie (9). Dal
1 gennaio 2001 il compito di istruire le pratiche delle richieste di indennizzo
è passato dal Ministero della Salute alle Regioni.
Nell'ordinamento legislativo italiano
l'unica vaccinazione obbligatoria per gli operatori sanitari risulta essere
quella antitubercolare (10), anche se nelle ultime linee-guida, approvate dalla
Conferenza Permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province
Autonome di Trento e Bolzano, proposte dal Ministero della Sanità ai sensi
dell’art.115 del DL 31/10/98 n.112, (11) è indicata l'effettuazione di uno
screening tubercolinico (secondo Mantoux) a tutto il personale sanitario e la
limitazione della vaccinazione a casi particolari. Vaccinazioni facoltative ma
fortemente raccomandate sono quella anti-epatite B e antinfluenzale, altre
vaccinazioni consigliate comprendono: antivaricella, antimorbillo, parotite e
rosolia, anti-epatite A.
Limitatamente per gli addetti allo smaltimento
dei rifiuti è obbligatoria la vaccinazione antitetanica.
Il D.Lgs 654/96 (12), concernente la tutela
delle lavoratrici gestanti, puerpere ed in periodo di allattamento, sottolinea
l'importanza di valutare lo stato di immunizzazione del personale di sesso
femminile in periodo fertile per le principali infezioni connatali.
Vaccinazione anti-TB
Il problema della trasmissione nosocomiale
della TB è noto da lungo tempo, tuttavia la ripresa dell’endemia della malattia
legata a fattori quali l’infezione da HIV, il flusso migratorio dai Paesi in
via di sviluppo verso l'Europa e lo sviluppo di micobatteri dotati di
multiresistenza farmacologica hanno fatto tornare questo problema di attualità
a partire dalla fine degli anni ‘80. Tra gli operatori sanitari sono esposti
soprattutto quelli che operano in reparti di malattie infettive, pneumologia,
anatomia patologica, microbiologia e pronto soccorso. La legge n.1088 del 14
dicembre 1970 (10) istituiva l'obbligatorietà della vaccinazione
antitubercolare per i soggetti cutinegativi addetti ad ospedali, cliniche ed
ospedali psichiatrici, per gli studenti in medicina, cutinegativi, all’atto
della loro iscrizione all’Università. Secondo le linee-guida emesse dalla
Conferenza Permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province
autonome di Trento e Bolzano (11) si è ritenuto opportuno tendere al
superamento dell’obbligo vaccinale, limitandone l’indicazione per quelle
situazioni in cui, per il controllo del rischio professionale, non si possa
ricorrere al follow-up ed alla terapia preventiva (nella fattispecie operatori
sanitari con documentato rischio di infezione a batteri multifarmaco resistenti
che presentino controindicazioni cliniche all'uso della terapia preventiva). E'
in fase di emanazione il Regolamento per le modalità di esecuzione della
vaccinazione, ai sensi dell'art.93 della Legge n.388 del 23 dicembre 2000 (13).
Il BCG attualmente impiegato proviene da un ceppo di M. bovis attenuato.
Viene iniettato per via intradermica in un’unica somministrazione ed è
controindicato in soggetti immunocompromessi e in gravidanza. L’efficacia di
questo vaccino è posta in dubbio da diversi esperti di sanità pubblica.
Vaccinazione anti-tetanica
La vaccinazione anti-tetanica è resa
obbligatoria con la Legge n.292 del 5 marzo 1963 (14) anche per operai e
manovali addetti alla manipolazione di immondizie. E' in corso l'iter per
l'emanazione del Regolamento previsto dall'art.93, comma 2 della Legge 23
dicembre 2000, n. 388 (13) che sancirà che il richiamo della vaccinazione, nei
soggetti correttamente immunizzati, venga effettuato ogni 10 anni. Il vaccino
anti-tetanico è costituito dall’anatossina ottenuta trattando la tossina con
formolo. Attualmente sono disponibili nel nostro Paese vaccini sia in forma
singola che in combinazione con l'anatossina difterica. La schedula vaccinale
per gli adulti mai vaccinati in precedenza prevede un ciclo di base di 3
somministrazioni di Td, ai tempi 0, 1 mese, 6-12 mesi. Il completamento del
ciclo di base determina risposta immunitaria valida tanto nei confronti del
tetano quanto della difterite in oltre il 95% dei vaccinati. Sulla base di
studi clinici è stato accertato che un ciclo di 3 dosi di Td, seguito da una
dose di richiamo, è altamente efficace nel produrre titoli anticorpali
protettivi che durano 15-25 anni ed è in grado di provocare una risposta
anamnestica a distanza anche di 20-30 anni.
Vaccinazione antiHBV
Dopo 10 anni di profilassi obbligatoria per
l'epatite B sono 10 milioni gli italiani che risultano essere stati vaccinati.
Questo è il risultato della campagna della vaccinazione partita nel 1991,
grazie alla legge 165/91 (15), che rende tale profilassi obbligatoria per tutti
i nuovi nati nel corso del primo anno di vita e, ancora per 2 anni, per gli
adolescenti nel corso del dodicesimo anno di età. Riguardo agli operatori
sanitari, con il DM 22 dicembre 1988 (16) la vaccinazione veniva offerta
gratuitamente alle categorie a rischio, nelle quali veniva ricompreso il
personale sanitario. Il DM 4/10/1991 estendeva l'offerta anche agli addetti ai
servizi di raccolta, trasporto e smaltimento dei rifiuti (17). Nel 1996 è stata
condotta un'indagine sulla copertura vaccinale per gli operatori sanitari
afferenti ad ospedali pubblici di 3 città (Ferrara, Roma, Napoli) con
differenti tassi di endemia per il virus. Il 64.5% dei soggetti è risultato essere
vaccinato e la copertura vaccinale inversamente proporzionale al livello di
endemicità del virus nell'area di residenza (18). Sebbene l’efficacia dei
vaccini ricombinanti attualmente impiegati sia elevata (risposta positiva del
90-95% dei vaccinati immunocompetenti) vi sono alcuni soggetti che non
rispondono (non-responders: non hanno mai prodotto alcun livello di anticorpi
anti-HBs) o rispondono poco (ipo-responders: hanno prodotto un livello di
anti-HBs inferiore alle 10mU/ml). L’esatta durata dell’immunità non è nota: il
10% dei pazienti che ricevono e rispondono al vaccino perdono gli anticorpi
anti-HBs dopo 5 anni, il 50% dopo 10 anni. Tuttavia numerosi studi dimostrano
la persistenza della memoria immunitaria nei confronti del virus anche con titoli
anticorpali al di sotto di 10mU/ml. La Circolare 30 novembre 2000, n.19 (19)
aggiorna il protocollo per l'esecuzione della vaccinazione, con alcune
puntualizzazioni per quanto concerne la somministrazione delle dosi di richiamo
e la valutazione della risposta immunitaria dopo vaccinazione. In particolare
nel protocollo viene specificato come non sia necessario procedere alla
somministrazione di dosi di richiamo una volta che sia stato completato il
ciclo vaccinale di base. Negli operatori sanitari che abbiano contatto con
pazienti o materiale biologico e che siano esposti continuamente al rischio di
lesioni con aghi o con strumenti taglienti è opportuna l'esecuzione di un test,
anche solamente qualitativo, per la valutazione della risposta anticorpale a distanza
di 1-2 mesi dall'ultima dose del ciclo vaccinale di base. L'esecuzione di tale
test, anche ai fini medico-legali e di valutazione dell'idoneità lavorativa
specifica, è opportuna nelle persone, vaccinate in passato, al momento
dell'inizio dell'attività. Qualunque sia il tempo trascorso dal completamento
del ciclo primario di vaccinazione, in caso di positività del test per la
ricerca degli anticorpi anti-HBs, non sono necessarie dosi di richiamo né
ulteriori controlli dello stato immunitario. In caso di negatività è indicata
la somministrazione di una 4° dose di vaccino con ulteriore valutazione del
titolo anticorpale a distanza di 1-2 mesi. In caso di persistenza di
negatività, non sono indicate ulteriori somministrazioni di vaccino.
Recentemente era stato sollevato il
problema della pericolosità del tiomersale, conservante contenuto nei vaccini
anti-HBV. In un comunicato stampa del Ministero della Sanità dell'8 febbraio
2001 è ribadito che i dati della letteratura internazionale dimostrano che non
ci sono sufficienti evidenze né per confermare né per smentire una relazione
causale tra l'esposizione a tale sostanza contenuta nei vaccini per bambini e
disordini dello sviluppo neurologico. Per la nostra legislazione rimane
comunque valido l'obiettivo di eliminare entro il 2007 il tiomersale dai
vaccini.
Vaccinazione anti-influenza
In Italia l'influenza rappresenta la terza
causa di morte per patologie infettive dopo AIDS e TB. La vaccinazione oltre ad
essere indicata per il personale sanitario che, per patologie croniche o per
età avanzata, necessiti di protezione individuale, trova la sua motivazione
soprattutto per la necessità di evitare il verificarsi del contagio da
operatore sanitario a paziente. Riguardo alle attitudini nei confronti della
vaccinazione in questa categoria lavorativa i dati disponibili non sono molti.
Nel 1997 sono stati pubblicati i risultati di un'indagine condotta su 750
operatori sanitari provenienti da 12 centri dislocati in 5 regioni, dalla quale
risulta un'adesione alla vaccinazione di circa 15% (20). La Circolare n.8 del
31 maggio 2001 (21) stabilisce che, in accordo con gli obiettivi specifici
indicati dalla pianificazione sanitaria nazionale e con il perseguimento di
obiettivi di riduzione della morbosità per influenza e delle sue complicanze,
le categorie di soggetti cui i servizi territoriali di prevenzione dovranno
offrire la vaccinazione includono anche soggetti addetti a servizi pubblici di
primario interesse collettivo, personale di assistenza o contatti familiari di
soggetti ad alto rischio.
Sono disponibili preparati costituiti da
virus interi inattivi (uccisi) e vaccini sub-virionici, con o senza adiuvanti.
Questi ultimi possono a loro volta presentarsi sotto forma di split-virus,
costituiti da particelle virali disgregate e purificate o di vaccini contenenti
soltanto gli antigeni di superficie emoagglutinina e neuroaminidasi. Devono
essere somministrati una sola volta all’anno in dose singola per via
intramuscolare. L'efficacia protettiva è stimata intorno al 75% dei vaccinati.
Vaccinazione anti-varicella
Gli attacchi di varicella si verificano
soprattutto in bambini di età compresa tra 2 e 8 anni; alle latitudini
temperate circa il 90% della popolazione è stata infettata all'età di 20 anni.
Tuttavia la fatalità della malattia è circa 20 volte maggiore negli adulti e le
complicazioni riguardano coinvolgimento neurologico, polmonite, epatite,
infezioni batteriche secondarie. La Circolare n.8 del 10 marzo 1992 (22)
indirettamente include gli operatori sanitari tra i soggetti per i quali la
vaccinazione è consigliata, dal momento che focalizza l’attenzione sulla
particolare gravità del decorso con cui l’infezione si può presentare in
pazienti particolari (tra cui candidati a trapianto epatico, midollare e
soprattutto renale). Il vaccino è di tipo vivo e attenuato, unico nel suo
genere in quanto è il primo vaccino ad herpesvirus ad essere stato approvato; è
controindicato in gravidanza, in soggetti immunocompromessi e in coloro che
abbiano manifestato reazioni anafilattiche alla gelatina o alla neomicina. E’
costituito da un preparato liofilo ottenuto dal ceppo Oka propagato in colture
di cellule diploidi umane. Si è dimostrato in grado di fornire il 70% di
protezione contro l’infezione e circa il 95% di protezione contro la forma
severa della malattia per 7 - 10 anni. E’ raccomandata la somministrazione di 2
dosi per via sottocutanea. Qualora a distanza di tempo (5-10 anni) venga messa
in evidenza la scomparsa del titolo anticorpale, è indicata una dose di
richiamo.
Vaccinazione anti-morbillo, parotite,
rosolia
Sono esposti al rischio di contrarre queste
infezioni, tipiche dell’età infantile, soprattutto operatori sanitari addetti
alle comunità infantili. La maggioranza degli adulti è immune nei confronti di
questi virus, che tuttavia non vanno sottovalutati per le conseguenze che le
forme morbose possono talvolta portare, specialmente se contratte in età
adulta. Il rischio di patologie gravi correlate all’infezione da rubeovirus è
legato allo stato di gravidanza; il morbillo può dar luogo a complicanze
neurologiche anche gravi; la parotite può portare infiammazione meningea ed
orchite.
Nella Circolare 13 luglio 1999, n.12, (23)
la vaccinazione è consigliata per il personale sanitario non immune onde
evitare la trasmissione a particolari gruppi di pazienti (immunocompromessi,
gestanti). Esiste un vaccino combinato da somministrare in singola dose per via
sottocutanea.
Vaccinazione antiHAV
La Circolare n.4 del 13 marzo 1998 (24)
individua tra le altre categorie a cui si consiglia la somministrazione del
vaccino i lavoratori della sanità esposti ad HAV. Tra gli operatori sanitari
risultano essere più esposti coloro che lavorano nei reparti di pediatria e
gastroenterologia.
Il vaccino attualmente impiegato è una
sospensione sterile contenente il virus dell’epatite A coltivato in cellule
diploidi umane, inattivato con formaldeide ed adsorbito con idrossido di
alluminio. I dati acquisiti fino ad oggi depongono per una assoluta sicurezza
del preparato, elevata immunogenicità ed efficacia protettiva, assenza di
reazioni avverse particolari, immunità durevole nel tempo e possibilità di
combinazione con antigeni di altri virus. E’ controindicato per soggetti con
una storia di reazione anafilattica all’allume o al 2-fenossietanolo adoperato
come conservante; la sicurezza durante la gravidanza non è stata valutata anche
se il rischio per il feto è probabilmente basso. Una singola dose assicura una
protezione di lunga durata in oltre il 95% dei soggetti immunizzati. Si ritiene
che la persistenza degli anticorpi conferita dal vaccino possa durare 20 anni o
più. La vaccinazione in persone già immunizzate per via naturale non comporta
aumentato rischio di reazioni avverse
A livello internazionale indicazioni interessanti possono essere tratte dalle
"Linee guida per il controllo delle infezioni nel personale
sanitario" pubblicate nel 1998 dai CDC degli USA (25), le quali modificano
le Linee guida dell'ACIP (Advisory Committee on Immunization Practices) del
1997 (26). I programmi di vaccinoprofilassi, preferibilmente su base
obbligatoria, vengono identificati tra le misure generali di controllo delle
infezioni a miglior rapporto costo-efficacia rispetto alla gestione clinica dei
singoli casi ed al controllo degli eventi epidemici.
BIBLIOGRAFIA