La profilassi vaccinale: contributo per il controllo del rischio biologico nel personale sanitario
Dott.ssa Nicoletta Vonesch - ISPESL, Dipartimento Medicina del Lavoro
Nelle strutture sanitarie si verifica una concentrazione di soggetti infetti e materiali contaminati che determinano un'elevata frequenza di esposizione a rischio biologico da parte del personale di assistenza e dei servizi. Negli ultimi anni è aumentato l'interesse suscitato da questo problema, grazie anche all'introduzione del D.Lgs 626/94 (1) e successive modifiche, che rappresentano il recepimento di direttive comunitarie relative alla protezione dei lavoratori contro i rischi derivanti da un'esposizione ad agenti biologici. Ultima di queste, non ancora recepita in Italia, è la Direttiva 2000/54 del 18 settembre 2000 (2). Nell’ambito del suddetto decreto il ruolo del datore di lavoro, di concerto con il medico competente, è l’esecuzione di un’accurata e puntuale valutazione dei rischi. L’art.86 afferma che se esiste un vaccino efficace e sicuro contro un qualsiasi agente patogeno, deve essere offerto al lavoratore che per motivi professionali sia esposto a tale rischio. L’allegato XI, integrato con il Decreto 12/11/99 (3), individua tra l’altro gli agenti biologici per i quali è disponibile un vaccino efficace.
I vaccini rappresentano probabilmente il più grosso successo della medicina moderna. Sono preparati biologici di elevato potere antigenico in grado di indurre uno stato di immunità attiva nei riguardi di determinati patogeni, al fine di proteggere dalle rispettive infezioni o dalla manifestazione della malattia. Come tutti i farmaci e prodotti biologici, possono essere responsabili di reazioni avverse: alcune di queste sono prevedibili, altre invece si manifestano in modo inatteso; vanno segnalate, oltre che al sistema di farmacovigilanza comune a tutti i farmaci (4,5), al Sistema di Sorveglianza degli eventi avversi a vaccino, facente capo al Dipartimento della Prevenzione, secondo le modalità scritte nella lettera circolare n.400.2/26V/1961 del 23 marzo 1995 (6).
La legge 25 febbraio 1992, n.210 (7), modificata ed integrata con la legge 25 luglio 1997, n.238 (8), riguarda l'indennizzo a favore di soggetti danneggiati da complicanze a causa di vaccinazioni obbligatorie. La Corte Costituzionale ha recentemente esteso il diritto all'indennizzo anche a cittadini a rischio operanti in strutture sanitarie ospedaliere sottoposti a vaccinazioni anche non obbligatorie (9). Dal 1 gennaio 2001 il compito di istruire le pratiche delle richieste di indennizzo è passato dal Ministero della Salute alle Regioni.
Nell'ordinamento legislativo italiano l'unica vaccinazione obbligatoria per gli operatori sanitari risulta essere quella antitubercolare (10), anche se nelle ultime linee-guida, approvate dalla Conferenza Permenente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province Autonome di Trento e Bolzano, proposte dal Ministero della Sanità ai sensi dell’art.115 del DL 31/10/98 n.112, (11) è indicata l'effettuazione di uno screening tubercolinico (secondo Mantoux) a tutto il personale sanitario e la limitazione della vaccinazione a casi particolari. Vaccinazioni facoltative ma fortemente raccomandate sono quella anti-epatite B e antiinfluenzale, altre vaccinazioni consigliate comprendono: antivaricella, antimorbillo, parotite e rosolia, anti-epatite A.
Limitatamente per gli addetti allo smantimento dei rifiuti è obbligatoria la vaccinazione antitetanica.
Il D.Lgs 654/96 (12), concernente la tutela delle lavoratrici gestanti, puerpere ed in periodo di allattamento, sottolinea l'importanza di valutare lo stato di immunizzazione del personale di sesso femminile in periodo fertile per le principali infezioni connatali.
Vaccinazione anti-TB
Il problema della trasmissione nosocomiale della TB è noto da lungo tempo, tuttavia la ripresa dell’endemia della malattia legata a fattori quali l’infezione da HIV, il flusso migratorio dai Paesi in via di sviluppo verso l'Europa e lo sviluppo di micobatteri dotati di multiresistenza farmacologica hanno fatto tornare questo problema di attualità a partire dalla fine degli anni ‘80. Tra gli operatori sanitari sono esposti soprattutto quelli che operano in reparti di malattie infettive, pneumologia, anatomia patologica, microbiologia e pronto soccorso. La legge n.1088 del 14 dicembre 1970 (10) istituiva l'obbligatorietà della vaccinazione antitubercolare per i soggetti cutinegativi addetti ad ospedali, cliniche ed ospedali psichiatrici, per gli studenti in medicina, cutinegativi, all’atto della loro iscrizione all’Università. Secondo le linee-guida emesse dalla Conferenza Permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano (11) si è ritenuto opportuno tendere al superamento dell’obbligo vaccinale, limitandone l’indicazione per quelle situazioni in cui, per il controllo del rischio professionale, non si possa ricorrere al follow-up ed alla terapia preventiva (nella fattispecie operatori sanitari con documentato rischio di infezione a batteri multifarmaco resistenti che presentino controindicazioni cliniche all'uso della terapia preventiva). E' in fase di emanazione il Regolamento per le modalità di esecuzione della vaccinazione, ai sensi dell'art.93 della Legge n.388 del 23 dicembre 2000 (13). Il BCG attualmente impiegato proviene da un ceppo di M. bovis attenuato. Viene iniettato per via intradermica in un’unica somministrazione ed è controindicato in soggetti immunocompromessi e in gravidanza. L’efficacia di questo vaccino è posta in dubbio da diversi esperti di sanità pubblica.
Vaccinazione anti-tetanica
La vaccinazione anti-tetanica è resa obbligatoria con la Legge n.292 del 5 marzo 1963 (14) anche per operai e manovali addetti alla manipolazione di immondizie. E' in corso l'iter per l'emanazione del Regolamento previsto dall'art.93, comma 2 della Legge 23 dicembre 2000, n. 388 (13) che sancirà che il richiamo della vaccinazione, nei soggetti correttamente immunizzati, venga effettuato ogni 10 anni. Il vaccino anti-tetanico è costituito dall’anatossina ottenuta trattando la tossina con formolo. Attualmente sono disponibili nel nostro Paese vaccini sia in forma singola che in combinazione con l'anatossina difterica. La schedula vaccinale per gli adulti mai vaccinati in precedenza prevede un ciclo di base di 3 somministrazioni di Td, ai tempi 0, 1 mese, 6-12 mesi. Il completamento del ciclo di base determina risposta immunitaria valida tanto nei confronti del tetano quanto della difterite in oltre il 95% dei vaccinati. Sulla base di studi clinici è stato accertato che un ciclo di 3 dosi di Td, seguito da una dose di richiamo, è altamente efficace nel produrre titoli anticorpali protettivi che durano 15-25 anni ed è in grado di provocare una risposta anamnestica a distanza anche di 20-30 anni.
Vaccinazione antiHBV
Dopo 10 anni di profilassi obbligatoria per l'epatite B sono 10 milioni gli italiani che risultano essere stati vaccinati. Questo è il risultato della campagna della vaccinazione partita nel 1991, grazie alla legge 165/91 (15), che rende tale profilassi obbligatoria per tutti i nuovi nati nel corso del primo anno di vita e, ancora per 2 anni, per gli adolescenti nel corso del dodicesimo anno di età. Riguardo agli operatori sanitari, con il DM 22 dicembre 1988 (16) la vaccinazione veniva offerta gratuitamente alle categorie a rischio, nelle quali veniva ricompreso il personale sanitario. Il DM 4/10/1991 estendeva l'offerta anche agli addetti ai servizi di raccolta, trasporto e smaltimento dei rifiuti (17). Nel 1996 è stata condotta un'indagine sulla copertura vaccinale per gli operatori sanitari afferenti ad ospedali pubblici di 3 città (Ferrara, Roma, Napoli) con differenti tassi di endemia per il virus. Il 64.5% dei soggetti è risultato essere vaccinato e la copertura vaccinale inversamente proporzionale al livello di endemicità del virus nell'area di residenza (18). Sebbene l’efficacia dei vaccini ricombinanti attualmente impiegati sia elevata (risposta positiva del 90-95% dei vaccinati immunocompetenti) vi sono alcuni soggetti che non rispondono (non-responders: non hanno mai prodotto alcun livello di anticorpi anti-HBs) o rispondono poco (ipo-responders: hanno prodotto un livello di anti-HBs inferiore alle 10mU/ml). L’esatta durata dell’immunità non è nota: il 10% dei pazienti che ricevono e rispondono al vaccino perdono gli anticorpi anti-HBs dopo 5 anni, il 50% dopo 10 anni. Tuttavia numerosi studi dimostrano la persistenza della memoria immunitaria nei confronti del virus anche con titoli anticorpali al di sotto di 10mU/ml. La Circolare 30 novembre 2000, n.19 (19) aggiorna il protocollo per l'esecuzione della vaccinazione, con alcune puntualizzazioni per quanto concerne la somministrazione delle dosi di richiamo e la valutazione della risposta immunitaria dopo vaccinazione. In particolare nel protocollo viene specificato come non sia necessario procedere alla somministrazione di dosi di richiamo una volta che sia stato completato il ciclo vaccinale di base. Negli operatori sanitari che abbiano contatto con pazienti o materiale biologico e che siano esposti continuamente al rischio di lesioni con aghi o con strumenti taglienti è opportuna l'esecuzione di un test, anche solamente qualitativo, per la valutazione della risposta anticorpale a distanza di 1-2 mesi dall'ultima dose del ciclo vaccinale di base. L'esecuzione di tale test, anche ai fini medico-legali e di valutazione dell'idoneità lavorativa specifica, è opportuna nelle persone, vaccinate in passato, al momento dell'inizio dell'attività. Qualunque sia il tempo trascorso dal completamento del ciclo primario di vaccinazione, in caso di positività del test per la ricerca degli anticorpi anti-HBs, non sono necessarie dosi di richiamo né ulteriori controlli dello stato immunitario. In caso di negatività è indicata la somministrazione di una 4° dose di vaccino con ulteriore valutazione del titolo anticorpale a distanza di 1-2 mesi. In caso di persistenza di negatività, non sono indicate ulteriori somministrazioni di vaccino.
Recentemente era stato sollevato il problema della pericolosità del tiomersale, conservante contenuto nei vaccini anti-HBV. In un comunicato stampa del Ministero della Sanità dell'8 febbraio 2001 è ribadito che i dati della letteratura internazionale dimostrano che non ci sono sufficienti evidenze né per confermare né per smentire una relazione causale tra l'esposizione a tale sostanza contenuta nei vaccini per bambini e disordini dello sviluppo neurologico. Per la nostra legislazione rimane comunque valido l'obiettivo di eliminare entro il 2007 il tiomersale dai vaccini.
Vaccinazione anti-influenza
In Italia l'influenza rappresenta la terza causa di morte per patologie infettive dopo AIDS e TB. La vaccinazione oltre ad essere indicata per il personale sanitario che, per patologie croniche o per età avanzata, necessiti di protezione individuale, trova la sua motivazione soprattutto per la necessità di evitare il verificarsi del contagio da operatore sanitario a paziente. Riguardo alle attitudini nei confronti della vaccinazione in questa categoria lavorativa i dati disponibili non sono molti. Nel 1997 sono stati pubblicati i risultati di un'indagine condotta su 750 operatori sanitari provenienti da 12 centri dislocati in 5 regioni, dalla quale risulta un'adesione alla vaccinazione di circa 15% (20). La Circolare n.8 del 31 maggio 2001 (21) stabilisce che, in accordo con gli obiettivi specifici indicati dalla pianificazione sanitaria nazionale e con il perseguimento di obiettivi di riduzione della morbosità per influenza e delle sue complicanze, le categorie di soggetti cui i servizi territoriali di prevenzione dovranno offrire la vaccinazione includono anche soggetti addetti a servizi pubblici di primario interesse collettivo, personale di assistenza o contatti familiari di soggetti ad alto rischio.
Sono disponibili preparati costituiti da virus interi inattivi (uccisi) e vaccini sub-virionici, con o senza adiuvanti. Questi ultimi possono a loro volta presentarsi sotto forma di split-virus, costituiti da particelle virali disgregate e purificate o di vaccini contenenti soltanto gli antigeni di superficie emoagglutinina e neuroaminidasi. Devono essere somministrati una sola volta all’anno in dose singola per via intramuscolare. L'efficacia protettiva è stimata intorno al 75% dei vaccinati.
Vaccinazione anti-varicella
Gli attacchi di varicella si verificano soprattutto in bambini di età compresa tra 2 e 8 anni; alle latitudini temperate circa il 90% della popolazione è stata infettata all'età di 20 anni. Tuttavia la fatalità della malattia è circa 20 volte maggiore negli adulti e le complicazioni riguardano coinvolgimento neurologico, polmonite, epatite, infezioni batteriche secondarie. La Circolare n.8 del 10 marzo 1992 (22) indirettamente include gli operatori sanitari tra i soggetti per i quali la vaccinazione è consigliata, dal momento che focalizza l’attenzione sulla particolare gravità del decorso con cui l’infezione si può presentare in pazienti particolari (tra cui candidati a trapianto epatico, midollare e soprattutto renale). Il vaccino è di tipo vivo e attenuato, unico nel suo genere in quanto è il primo vaccino ad herpesvirus ad essere stato approvato; è controindicato in gravidanza, in soggetti immunocompromessi e in coloro che abbiano manifestato reazioni anafilattiche alla gelatina o alla neomicina. E’ costituito da un preparato liofilo ottenuto dal ceppo Oka propagato in colture di cellule diploidi umane. Si è dimostrato in grado di fornire il 70% di protezione contro l’infezione e circa il 95% di protezione contro la forma severa della malattia per 7 - 10 anni. E’ raccomandata la somministrazione di 2 dosi per via sottocutanea. Qualora a distanza di tempo (5-10 anni) venga messa in evidenza la scomparsa del titolo anticorpale, è indicata una dose di richiamo.
Vaccinazione anti-morbillo, parotite, rosolia
Sono esposti al rischio di contrarre queste infezioni, tipiche dell’età infantile, soprattutto operatori sanitari addetti alle comunità infantili. La maggioranza degli adulti è immune nei confronti di questi virus, che tuttavia non vanno sottovalutati per le conseguenze che le forme morbose possono talvolta portare, specialmente se contratte in età adulta. Il rischio di patologie gravi correlate all’infezione da rubeovirus è legato allo stato di gravidanza; il morbillo può dar luogo a complicanze neurologiche anche gravi; la parotite può portare infiammazione meningea ed orchite.
Nella Circolare 13 luglio 1999, n.12, (23) la vaccinazione è consigliata per il personale sanitario non immune onde evitare la trasmissione a particolari gruppi di pazienti (immunocompromessi, gestanti). Esiste un vaccino combinato da somministrare in singola dose per via sottocutanea.
Vaccinazione antiHAV
La Circolare n.4 del 13 marzo 1998 (24) individua tra le altre categorie a cui si consiglia la somministrazione del vaccino i lavoratori della sanità esposti ad HAV. Tra gli operatori sanitari risultano essere più esposti coloro che lavorano nei reparti di pediatria e gastroenterologia.
Il vaccino attualmente impiegato è una sospensione sterile contenente il virus dell’epatite A coltivato in cellule diploidi umane, inattivato con formaldeide ed adsorbito con idrossido di alluminio. I dati acquisiti fino ad oggi depongono per una assoluta sicurezza del preparato, elevata immunogenicità ed efficacia protettiva, assenza di reazioni avverse particolari, immunità durevole nel tempo e possibilità di combinazione con antigeni di altri virus. E’ controindicato per soggetti con una storia di reazione anafilattica all’allume o al 2-fenossietanolo adoperato come conservante; la sicurezza durante la gravidanza non è stata valutata anche se il rischio per il feto è probabilmente basso. Una singola dose assicura una protezione di lunga durata in oltre il 95% dei soggetti immunizzati. Si ritiene che la persistenza degli anticorpi conferita dal vaccino possa durare 20 anni o più. La vaccinazione in persone già immunizzate per via naturale non comporta aumentato rischio di reazioni avverse
A livello internazionale indicazioni interessanti possono essere tratte dalle "Linee guida per il controllo delle infezioni nel personale sanitario" pubblicate nel 1998 dai CDC degli USA (25), le quali modificano le Linee guida dell'ACIP (Advisory Committee on Immunization Practices) del 1997 (26). I programmi di vaccinoprofilassi, preferibilmente su base obbligatoria, vengono identificati tra le misure generali di controllo delle infezioni a miglior rapporto costo-efficacia rispetto alla gestione clinica dei singoli casi ed al controllo degli eventi epidemici.
BIBLIOGRAFIA