Acidi organici


Numerosi acidi organici trovano impiego in laboratorio (ad esempio gli acidi formico, acetico, benzoico, citrico, ossalico, picrico); l'acido acetico e l'acido tricloroacetico sono ampiamente utilizzati per allestire preparati microscopici e per condurre l'elettroforesi delle proteine.

La presenza e l'impiego delle suddette sostanze espone il personale ai seguenti rischi professionali:
(i) Incendi, scoppi ed esplosioni
Molti composti (ad esempio solventi organici) sono infatti volatili e facilmente infiammabili; da segnalare in merito anche i rischi derivanti dall'eventuale impiego di gas compressi o liquefatti (ossigeno, azoto, anidride carbonica, elio ed altri);
(ii) Irritazioni e causticazioni (ustioni chimiche)
Acidi e basi, ma anche alcuni sali, posseggono un potere lesivo più o meno marcato sui tessuti con cui vengono a contatto. Alcuni composti (es. acido fluoridrico, idrossido di sodio) possono indurre lesioni gravissime a carico della cute, degli occhi e, in caso di ingestione accidentale, del primo tratto dell'apparato digerente. Gas e vapori irritanti (es. cloro gassoso) possono inoltre liberarsi da diverse reazioni;
(iii) Intossicazioni acute
Nei laboratori si possono trovare veleni assai potenti, quali cianuri, arsenico, mercuriali, tossine animali e vegetali. L'avvelenamento può avvenire per inalazione o ingestione accidentale e, più raramente, per contatto cutaneo o per inoculazione (ad esempio tramite aghi o frammenti di vetreria);
(iv) Intossicazioni croniche
Queste possono insorgere in conseguenza di esposizioni prolungate a dosi relativamente basse, non in grado di produrre effetti acuti. È stato per esempio ampiamente documentato che l'esposizione cronica a solventi organici, quale quella che si può realizzare nei lavoratori dell'industria, può indurre alterazioni patologiche a carico di vari organi e apparati. Gli effetti tossici più frequentemente segnalati comprendono epatopatie, nefropatie, alterazioni della crasi ematica e danni al sistema nervoso; tuttavia, i quantitativi di sostanze usate in laboratorio sono in genere modesti se paragonati a quelli impiegati in ambiente industriale, così come minori risultano i tempi di esposizione. D'altro canto, in ambito laboratoristico si realizza spesso una esposizione irregolare, spesso contemporanea, ad una grande varietà di composti. Il progressivo potenziamento dell'attività analitica comporta inoltre l'introduzione di nuove metodiche e strumentazioni che rendono mutevoli le condizioni di manipolazione e di rischio. Non stupisce pertanto che i tentativi di inquadramento del rischio tossico cronico in laboratorio siano poco numerosi e non permettano allo stato attuale di trarre considerazioni conclusive, mancando infatti studi epidemiologici significativi sui quadri morbosi prevalenti nel settore ed essendo le uniche segnalazioni in letteratura riferite a casi clinici sporadici.
(v) Allergie
Diverse sostanze presenti in laboratorio (quali ad esempio acido citrico, acido picrico, acido solfanilico, cromo e composti, formaldeide, idrazina, idrochinone, nitroanilina, paraffina, piridina, o-toluidina, trietanolammina) possono indurre sensibilizzazione cutanea (con comparsa di dermatiti allergiche da contatto) o, più raramente, respiratoria (con comparsa di asma professionale). Si tratta di eventi scarsamente prevedibili e fortemente condizionati dallo stato di suscettibilità individuale dei soggetti esposti.
(vi) Cancerogenesi e mutagenesi
Nei laboratori biomedici sono frequentemente presenti sostanze con attività mutagena e/o cancerogena accertata (ad esempio benzene, bisclorometiletere, cromo e composti) o sospetta (cloroformio, formaldeide, tetracloruro di carbonio). La loro manipolazione rappresenta un nodo cruciale della problematica tossicologica in ambito laboratoristico. Il problema è stato affrontato, a partire dagli anni settanta, mediante indagini epidemiologiche e studi su mappe cromosomiche, che tuttavia non hanno fornito dati univoci circa l'esistenza di un significativo maggior rischio oncogeno o mutageno nei laboratoristi. In questi studi i dati di mortalità generale per neoplasie sono discordanti (le evidenze maggiori riguardano le emopatie maligne e i tumori del sistema nervoso) con stime di rischio contenute e l'esposizione è stata presunta in base alla qualifica dei soggetti e alla sede occupazionale. Ciò comporta una notevole difficoltà nell’individuare i composti o gruppi di composti responsabili delle patologie neoplastiche segnalate.




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