![](imma/fdr_medi.jpg) Ogni farmaco usato per la terapia delle
malattie comporta un rischio per il paziente a cui viene somministrato.
Questo rischio è legato da un lato alle caratteristiche del farmaco, dose
e via di somministrazione e dall'altro alla suscettibilità del paziente.
Un'attenzione relativamente scarsa è stata invece posta al problema degli
effetti per la salute derivante dall'esposizione professionale ai farmaci
nel personale addetto alla loro preparazione.
L’esposizione a farmaci nel personale ospedaliero può dare origine
fondamentalmente a due tipi di effetti:
(i) effetti inquadrabili in sindromi allergiche,
(ii) effetti "iatrogeni", cioè analoghi a quelli che possono
colpire i pazienti che assumono i farmaci.
Nel caso delle manifestazioni allergiche si tratta di forme legate alla
costituzione del singolo individuo (ad esempio: atopia) e quindi non
dipendenti dall’ambiente di lavoro. I farmaci più frequentemente
responsabili di tale sintomatologia sono soprattutto alcuni antibiotici
(quali penicillina e streptomicina), alcuni antiflogistici e antipiretici
(quali l'aspirina e alcuni derivati della fenotiazina), diverse categorie
di farmaci contenenti il gruppo para-amminico (quali ad esempio
antibiotici e sulfaniluree). E' possibile una reazione crociata tra questi
farmaci, altri farmaci e in generale con altri prodotti di uso comune
(quali ad esempio detersivi e cosmetici). Le manifestazioni cliniche sono
costituite da dermatiti (che sono le più frequenti), asma bronchiale,
rinite e congiuntivite. Gli effetti "iatrogeni" dipendono
invece da situazioni che si possono creare nell'ambiente di lavoro. Essi
riguardano gli addetti alla preparazione e alla manipolazione dei farmaci
(infermieri, medici, farmacisti). In particolare per quanto riguarda i
preparati ormonali e quelli a base di cortisone in operai addetti alla
loro produzione sono stati segnalati effetti "iatrogeni" (quali
ad esempio sindromi cushingoidi e ginecomastia). Nel personale
ospedaliero (che opera in un ambiente nel quale il rischio è estremamente
ridotto) non sono presenti manifestazioni di questo genere. Particolare
importanza rivestono invece i farmaci antineoplastici. Alcuni di essi
sono irritanti e allergizzanti. Inoltre possono indurre una
sintomatologia aspecifica (nausea, cefalea) e danni epatici. Inoltre,
alcuni farmaci antineoplastici considerati sicuramente cancerogeni
(ciclofosfamide, clorambucile e treosulfan), assieme ad altri considerati
probabilmente cancerogeni (procarbazina, adriamicina, bcnu, ccnu,
cisplatino), sono ritenuti responsabili dell'aumento di alterazioni
cromosomiche nei linfociti, dell'effetto mutageno documentabile con il
test di Ames nelle urine, dell'aumento della abortività spontanea e di
malformazioni nel primo trimestre di gravidanza nel personale addetto
alla loro manipolazione.
Infine è necessario sottolineare che, in generale, le caratteristiche
tossicologiche dei farmaci sono legate, oltre che alla composizione
chimica del farmaco, alla dose somministrata e alle biotrasformazioni cui
il farmaco va incontro all’interno dell’organismo. Poiché l’organo
particolarmente deputato a questi processi è il fegato, ne risulta che
esso è anche quello più frequentemente interessato ad eventuali effetti
tossici determinati dal farmaco stesso e/o dai suoi metaboliti. Anche il
rene (deputato principalmente al processo di eliminazione) risulta spesso
interessato per cui è necessario tenere sempre presente, durante la
somministrazione dei farmaci, la funzionalità di questi due organi nei
pazienti in trattamento; non risulta invece che vi siano particolari
pericoli, a questo proposito, per gli operatori addetti alla
somministrazione dei farmaci.
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