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Modalità di immissione dell’aria nella sala controllata

Numerose analisi indicano che molto spesso l’aria all’interno dei blocchi operatori è batteriologicamente più contaminata di quella esterna. Infatti, nonostante i blocchi operatori vengano climatizzati e trattati con filtri assoluti, l’esperienza mostra che l’aria interna non può considerarsi sterile dal punto di vista batteriologico e che, anzi, è più contaminata di quella esterna. Ciò deriva dal fatto che l’inquinamento interno è causato essenzialmente dall’uomo ed è costituito da particelle inerti (di dimensioni superiori a quelle inerti dell’atmosfera) e da c.f.u. (colony forming units).

Per garantire la sicurezza a livello del teatro operatorio nel corso dell’operazione, eliminando possibili aerobiocontaminazioni incrociate fra due interventi successivi o contemporanei, il progettista deve ricercare:

- una biodecontaminazione superiore al 99%,
- un basso livello di biocontaminazione dovuto a presenza umana (<5 c.f.u./m3 ),

- un livello di contaminazione ridotto durante l’operazione.

L’ultimo punto dipende da numerosi fattori, quali il tipo di intervento, lo stato del paziente, il numero di persone e la loro disciplina; in ogni caso il livello di contaminazione non dovrebbe mai essere superiore a 100 c.f.u./m3 nel corso di tutto l’intervento.

Affinché l’impianto di trattamento aria sia efficace dal punto di vista batteriologico, è necessario che il volume di aria sterile sia immesso nei locali in prossimità del teatro operatorio. La soluzione non consiste nel rimescolare adeguatamente l’aria, in modo da renderne omogenee la temperatura e la velocità, né di avere aria sterile alle bocchette. Occorre, invece, avere aria sterile (5 c..f..u./m3) al livello del tavolo operatorio, in assenza di persone, e mantenere il livello di aerobiocontaminazione del teatro il più basso possibile durante l’operazione, senza ridurre il comfort dell’équipe operatoria.

La soluzione al problema della contaminazione ambientale è data dal lavaggio continuo e controllato dell’aria ambiente. Affinché il lavaggio sia efficace - soprattutto nei confronti della contaminazione endogena, ossia prodotta all’interno dell’ambiente stesso - occorre che il flusso di lavaggio sia omogeneo e privo di turbolenze in ogni punto. Ciò è reso possibile utilizzando locali a flusso unidirezionale (laminare).

Perché un flusso laminare sia efficace, occorre che esso avvolga senza perturbazioni la zona servita e ciò può avvenire soltanto se il flusso viene guidato lungo la periferia. Occorre, in pratica, realizzare un “pistone” continuo di aria decontaminata che avvolga il volume-ambiente da proteggere e che impedisca rientranze o rimescolamenti con aria contaminata.

Pertanto, in base a questa tecnica, sono possibili due alternative:

- realizzare un pistone che abbia le dimensioni dell’intero ambiente,

- delimitare le facce perimetrali del pistone, utilizzando barriere fisiche che separino la zona da proteggere dal resto dell’ambiente.

Nel primo caso si incontrano sia costi energetici improponibili sia difficoltà tecnologiche dovute alla realizzazione dei punti di ripresa, degli accessi per il personale ecc. Nel secondo caso, le barriere perimetrali (pannelli in vetro, cortine mobili in plastica ecc.) limitano fortemente sia la visibilità sia l’operatività del personale e sono pertanto poco gradite all’équipe chirurgica.

Approfondite verifiche condotte all’interno di confinamenti a flusso laminare hanno evidenziato l’efficacia di questa soluzione rispetto a quelle tradizionali. L’uso del flusso laminare è quindi fondamentale per incrementare l’elenco dei successi operatori. Per contro, i forti costi energetici o le limitazioni del “campo operatorio” possono rendere inapplicabile questa tecnica.

La ricerca e gli studi riguardanti la cinetica del fenomeno nel suo insieme hanno portato a sperimentare sofisticate tecniche di ottimizzazione del flusso d’aria utile per il lavaggio dell’ambiente. Fra queste tecniche, ce n’è una di scuola francese che sfrutta lo stesso mezzo filtrante per realizzare un efficace profilo di velocità a variazione controllata decrescente. Per evitare induzioni d’aria e rimescolamento fra i filetti fluidi dal pistone in moto (velocità laminare) e il volume esterno di aria ferma, un plafone diffusore realizza cortine concentriche di aria depurata avente moti relativi con velocità poco differenti.

Si tratta, in altri termini, di costruire un continuo ideale fra la zona più interna in cui l’aria ha la massima velocità e quella più esterna in cui, teoricamente, l’aria è ferma. Una specie di struttura “a cipolla” fatta di strati che fungono da barriera rispetto a quelli più interni.

Il posizionamento e il dimensionamento del soffitto diffusore, rispetto al letto operatorio, sono fondamentali e vanno progettati in funzione del tipo di sala e del letto operatorio scelto (fisso o mobile).

E’ preferibile analizzare l’installazione tenendo conto delle esigenze operative dell’équipe, della strumentazione tecnica solitamente impiegata (apparecchiature pensili, lampade scialitiche ecc.), della posizione e mobilità degli operatori.





Figura 1: Flusso verticale guidato



Figura 2: Sistema di distribuzione aria a velocità differenziata