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   Prevenzione incendi in ospedale: la realtà piacentina

Prevenzione incendi in ospedale

1) Introduzione

2) La realtà piacentina

1) Introduzione

Certo che alla "sicurezza" delle strutture sanitarie è stata data una "discreta scrollata"!
Dopo anni di attesa è stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale, come legge dello Stato, il "regolamento tecnico di prevenzione incendi per la progettazione, la costruzione e l'esercizio delle strutture sanitarie pubbliche e private" contenuto nel Decreto del Ministero dell'Interno 18 settembre 2002.
La problematica in questione è molto articolata ed a scanso di equivoci si premette subito un concetto apparentemente semplice che vale la pena richiamare: "in generale, quando si parla di sicurezza, occorre sempre specificare che cosa si vuole rendere sicuro e da quale evento ci si intende tutelare"; diversamente si rischia grande confusione.

Il Decreto è un atto dovuto. Certamente, era ora! Perché ?

I motivi sono vari, quello che viene in mente per primo è che le strutture sanitarie, soprattutto gli ospedali, sono luoghi che esigono grande attenzione, sono strutture affollate, con elevata presenza di persone in condizioni per lo più di non autosufficienza, sono inoltre caratterizzati da luoghi molto delicati per l'attività in essa svolta che esigono specifici requisiti; il secondo motivo è che trattando un aspetto tecnico, occorreva un punto saldo, un riferimento che potesse limitare le interpretazioni che, in quanto tali, potrebbero anche essere personali.

Senza entrare in merito ai particolari tecnici che caratterizzano questa legge si vuole tuttavia rimarcarne un aspetto, peraltro già evidenziato nel precedente DPR n° 37 del 12 Gennaio 1998, ed anche nel DM del 10 Marzo 1998 (che stabiliva dei criteri) e prima ancora nel D.lgs 626 / 94 (che stabiliva degli enunciati), costituito dal fattore "organizzazione e gestione della sicurezza antincendio"; questo è un parametro importantissimo che mettendo in gioco le relazioni ed i flussi informativi tra tutti i livelli aziendali coinvolge un po' tutti; dato che i costi che dovranno essere sostenuti per adeguare le strutture saranno sicuramente elevati e, ad essere realisti, i tempi non saranno brevi (anche se il decreto stabilisce per gli adeguamenti un limite di tempo attualmente al dicembre 2007) e considerato che la sicurezza deve comunque essere garantita, il fattore organizzativo può, se ben giocato, essere di notevole ausilio pratico per migliorarne il livello.

Si ritiene utile ricordare che le strutture sanitarie ospedaliere sono attualmente annoverate nell'ambito delle attività ad elevato rischio di incendio (in passato era ritenuta congrua l'affermazione "a maggior rischio in caso di incendio") - le due cose sono diverse- a causa della presenza di persone impossibilitate o con grande difficoltà al movimento autonomo e conseguentemente con tempi necessariamente lunghi in caso di evacuazione.

La realtà piacentina

Come si può affrontare, operativamente, in un'Azienda Sanitaria il momento attuale afferente la sicurezza dei luoghi di lavoro, in particolare quella antincendio?

La realtà sanitaria piacentina è caratterizzata da un'Azienda Sanitaria pubblica che non ha scorporato a tutt'oggi l'ospedale principale della provincia dalla rimanente organizzazione sul territorio per cui, attualmente si parla ancora di Azienda Unità Sanitaria Locale che sperimenterà tra l'altro, a breve, una tecnica gestionale di "rete ospedaliera" a livello provinciale. Il fatto di costituire un'unica organizzazione se da un lato rende più complicata la gestione della problematica sicurezza perché le strutture sono tante e le piante organiche sono quello che sono dall'altro offre l'opportunità di interpretare la problematica sicurezza a livello di "sistema aziendale variamente articolato".

In ogni caso, a livello aziendale sono in corso azioni tendenti sia all'adeguamento delle strutture sia all'informazione / formazione di tutti i dipendenti (circa 3500 persone).

In particolare quest'ultima azione ha comportato uno sforzo organizzativo e gestionale non trascurabile che ha visto, nel biennio trascorso, il coinvolgimento di 550 persone in un corso specifico, della durata di 16 ore, di formazione per "addetti antincendio" per attività ad elevato rischio di incendio; tale corso è stato tenuto dal Comando provinciale dei Vigili del Fuoco di Piacenza.

Questo corso è integrato da un'ulteriore momento informativo / formativo gestito a livello aziendale e tuttora in corso, per tutti i rimanenti dipendenti, sulle principali problematiche antincendio e gestione delle emergenze in ambito ospedaliero e su un'esercitazione pratica per lo spegnimento di un principio di incendio utilizzando estintori; attualmente 1560 dipendenti hanno frequentato questo tipo di corso con attento interesse (anche perché le cose dette hanno un riscontro nella vita privata di tutti i giorni).
Tutto questo fondamentalmente con lo scopo di consentire, in caso di incendio, un primo e rapido intervento da parte di chi è presente nel luogo in emergenza, per evitare la sua propagazione e per evitare che il personale dipendente sia colto impreparato di fronte all'evento.
In ospedale è fondamentale che i fatti che possono trasformarsi in condizione di emergenza (evento per lo più inatteso con possibilità di arrecare danni) abbiano bassissime probabilità di accadimento e conseguentemente devono essere, per quanto possibile, prevenuti.

Forti di questa convinzione, ed obbligati dalle disposizioni legislative vigenti, in Azienda stiamo giocando la carta "addetti antincendio". In che modo?
L'intenzione è di impiegare questa preziosa risorsa sia in fase protettiva cioè in caso di emergenza sia soprattutto in fase preventiva.
In fase preventiva l'elevato numero dei luoghi di lavoro ha obbligato la definizione di aree (es fabbricati), sub aree (es. piani di fabbricato) e settori (es. porzioni di piano di fabbricato) nei quali intervengono gli addetti, ed ha inoltre obbligato una loro organizzazione con l'individuazione delle figure di "referente di sub area" e di "coordinatore di area".
Sostanzialmente l'addetto riferisce ad un referente che a sua volta riferisce ad un coordinatore che ha compiti di supervisione nel fabbricato e di riferimento per il Servizio di prevenzione e protezione aziendale che costituisce, in alcuni casi, l'interfaccia tra il problema da risolvere e chi ha la possibilità di farlo.
La fase preventiva (lo dice la parola stessa) consiste sostanzialmente nel verificare, da parte degli addetti durante il normale svolgimento dell'attività e sulla base di una check - list di controllo predisposta, alcune semplici condizioni ambientali (molte volte sono il risultato di comportamenti o di aspetti organizzativi) che devono essere rispettate a favore della sicurezza in generale.

I referenti ed i coordinatori hanno il compito di collettore e di filtro dei problemi e più in generale dei flussi di informazioni emersi e generati dalla compilazione delle check list, in particolare hanno il compito di redigere periodicamente report riassuntivi e predisporre i calendari degli addetti in turno, quest'ultima azione è importante per la gestione operativa delle prime fasi di eventuali emergenze.

E' naturale che, in questo processo, i controlli effettuati dagli addetti sono, devono essere, molto semplici, non può essere diversamente considerato le problematiche e la non specializzazione. Tuttavia il fatto di poter disporre in loco di sensori intelligenti fa ben sperare.

Si può intuire, considerato il numero dei luoghi e delle persone addette all'antincendio e più in generale alle emergenze, che la gestione di un tale sistema non è immediata e richiederà impegno ed un adeguato supporto informatico per essere ottimizzato.


La fase protettiva, questo è un momento che ci si augura non avvenga mai, soprattutto in ospedale.
L'approccio operativo a questa problematica in realtà è attualmente molto semplice e prevede sostanzialmente l'esecuzione di alcune azioni riassumibili in:
diramazione dell'allarme al CGE, Centro Gestione Emergenze, ed attivazione della catena di allertamento ai vari livelli aziendali, dagli addetti all'emergenza sino alla convocazione delle unità di crisi di presidio ed aziendale.
Contestualmente all'azione di cui sopra e contemporaneamente, vanno attuate
la messa in sicurezza degli ammalati;
il contenimento degli eventi sfavorevoli, se ciò non costituisce pericolo, in attesa dei soccorritori primi tra tutti i Vigili del Fuoco.

Allo stato attuale la convocazione urgente del personale addetto all'antincendio ed alla gestione delle emergenze in un luogo sede di emergenza può costituire un problema se ci si riferisce all'immediatezza dell'azione richiesta, a meno che gli addetti siano fisicamente presenti in quel luogo.

Non sempre questo è possibile perché i luoghi sono tanti, gli addetti effettuano turni, l'attività e continua.
E' un problema di difficile soluzione che si presenterà fino al momento in cui tutto il personale dipendente avrà ricevuto una formazione specifica ed avrà potuto effettuare esercitazioni, a quel momento tutti i presenti potranno essere considerati addetti antincendio.
La fase protettiva in realtà è piena di insidie, può essere molto complicato affrontarla, i risultati possono essere incerti e non nelle aspettative senza un minimo di preparazione ed organizzazione preventiva.
Solitamente le possibilità di successo con annullamento o minimizzazione dei danni sono direttamente proporzionali all'impegno mostrato nella preparazione e nelle indispensabili esercitazioni.

Concludendo, in ospedale l'attività di prevenzione incendi è un atto dovuto, è un'attività che dovrebbe essere svolta da tutti, dovrebbe diventare un riflesso automatico nella quotidianità del lavoro.
Come si può intuire i problemi per raggiungere questo obiettivo non sono pochi e la loro soluzione richiederà tempo e dovrà essere affrontata a livello di sistema.

Franco Pugliese
Tommaso Nicolotti
Marco De Marzo
Annunciata Tansini

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