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   Clinical governance, un'esperienza d'importazione


Un sistema di gestione della Sanità introdotto recentemente nel Regno Unito e sul quale si sta focalizzando l'attenzione delle politiche sanitarie del nostro Paese.

È la clinical governance, la via inglese a un modello organizzativo e gestionale finalizzato al binomio qualità-risparmio, di cui si è parlato oggi in un convegno organizzato dall'università Luiss Guido Carli.

La clinical governance, ha spiegato il ministro della Salute Girolamo Sirchia, è un'espressione inglese per indicare "un sistema di gestione che mira a migliorare continuamente l'efficienza e la qualità; un sistema a responsabilità dei medici, infatti si definisce clinical governance proprio per questo motivo".

Un approccio, ha aggiunto il ministro, che "dà al medico spazi che oggi non ha, spazi di decisione e anche di responsabilità inerenti con la finalità di migliorare appunto sia l'efficienza, quindi l'aspetto economico, sia la qualità, cioè l'aspetto medico".
Un dato fondamentale: "Bisogna infatti ridare al medico - ha affermato il ministro - un ruolo centrale nella Sanità e negli ospedali, contro il rischio di un'impiegatizzazione della professione".
Un modello gestionale per costruire il quale Stato e Regioni lavoreranno insieme.
La clinical governance viene indicata come la soluzione utile per rimarginare la lacerazione fra l'organizzazione tecnico-organizzativa e quella dei processi clinici. In sostanza, hanno sottolineato oggi gli esperti di politica sanitaria, l'obiettivo è quello di massimizzare la qualità delle cure evitando gli sprechi: dai ricoveri inutili a un eccesso di prescrizioni di farmaci.

Il fine è quindi quello di preservare la qualità delle prestazioni scegliendo, a parità di risultati, il costo minore.
Ciò innesca un processo virtuoso dal momento che se le risorse non vengono sprecate possono essere utilizzate appunto per aumentare la qualità dei servizi stessi. Un'idea sulla quale gli esperti concordano, ma che potrebbe essere oscurato dai rischi del federalismo.
A sostenerlo è il direttore del Centro nazionale di epidemiologia e promozione della salute dell'Istituto superiore di Sanità, Donato Greco: "Il federalismo potrebbe remare contro tale modello - ha osservato - ed è un rischio perché frammenta le capacità culturali.
In Gran Bretagna infatti, dove la clinical governance è stata applicata - avverte - è in atto un processo di centralizzazione".
Ma che l'integrazione tra l'approccio manageriale e la qualità dei servizi sia possibile lo ha dimostrato, dati alla mano, Danielle Freedman, direttore medico del Luton e Dunstable hospital Nhs (Gb): "Con questo modello la qualità delle prestazioni sanitarie nel Paese è migliorata - ha affermato - tanto che la soddisfazione dei pazienti è cresciuta del 29%, il rapporto medici-manager è migliorato per il 75% degli interlocutori e si registra un miglior uso delle risorse per il 39%".
Insomma, concludono gli esperti italiani e stranieri, è un modello su cui puntare, forse "l'ancora di salvezza" dei moderni Servizi Sanitari Nazionali.

Data: 30 aprile 2004
Fonte: Il Sole24Ore Sanità

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