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Definizione e campo di applicazione di sala chirurgica


ASHRAE (American Society of Heating, Refrigerating and Air-conditioning Engineers), l’associazione più qualificata a livello mondiale per il condizionamento dell’aria, definisce la sala chirurgica come una particolare camera bianca nella quale vi è anche presenza di contaminazione chimica e batteriologica.

ASHRAE definisce inoltre "camera a contaminazione controllata" (clean space) una zona chiusa di costruzione speciale avente la funzione di controllare dal punto di vista ambientale i seguenti parametri:


  • la concentrazione del particolato;

  • la temperatura;

  • l’umidità relativa.


    Nella sala chirurgica, quale particolare camera a contaminazione controllata, oltre al rispetto dei menzionati parametri, deve essere anche garantita la prevenzione delle infezioni da germi patogeni e il controllo della contaminazione chimica in particolare da gas anestetici, tanto dannosi per l’equipe chirurgica.

    L’impiego delle camere a contaminazione controllata in ambiente ospedaliero diventa sempre più frequente parallelamente ai progressi delle tecnologie e alla necessità sempre maggiore di disporre di ambienti a contaminazione controllata. I campi di più frequente utilizzo sono i seguenti:


  • sale di chirurgia generale;

  • sale di chirurgia specialistica: ortopedia, cardiochirurgia ecc;

  • reparti di terapia intensiva;

  • sale di sterilizzazione;

  • laboratori BSL3 (PCL3) per il trattamento di sostanze tossiche;

  • laboratori di anatomia patologica;

  • sale di risonanza magnetica;

  • sale di radioterapia;

  • sale di medicina nucleare (PET);

  • sale per terapia iperbarica;

  • camere mortuarie;

  • ogni altra applicazione ove sia richiesta una alta qualità dell’aria e sia presente contaminazione.


    E’ quindi evidente che le applicazioni sono molteplici, per cui nel prosieguo si parlerà di sala controllata, a meno che non si intenda esplicitamente sala chirurgica.

    Procedura per la definizione delle caratteristiche dell’impianto di condizionamento della sala controllata


    La buona operatività di una sala controllata dipende dalla sua progettazione. Per procedere ad essa è indispensabile porsi o porre all’utente le seguenti due domande:

    Qual è la concentrazione massima di particelle che viene accettata nella sala controllata?

    All’interno della sala controllata è prevista contaminazione?

    La risposta alla prima domanda consente l’individuazione di una classe di qualità dell’aria alla quale la sala controllata deve rispondere. Da questa risposta deriverà tutta una serie di parametri costruttivi utili per la progettazione dell’impianto.

    In base alla presenza di contaminazione certa o potenziale, nella progettazione devono inoltre essere prese alcune particolari precauzioni.


    Fonti di inquinamento

    Le particelle inquinanti all’interno delle sale controllate sono sostanzialmente dovute a quattro fonti:

  • l’aria esterna, la quale ha un contenuto medio di particelle di dimensioni ³ 0,5 mm variabile fra i 10 e i 50 milioni per m3

  • gli operatori: l’emissione di particelle di volumetria ³ 0,3 mm da parte degli esseri umani dipende dall’attività fisica e varia in media fra 1 e 10 milioni di particelle al minuto (v. Tabella 1)

  • il processo tecnologico nelle camere bianche o il paziente nelle sale chirurgiche

  • l’inquinamento da ambienti limitrofi


    Tabella 1: Emissione di particelle da parte degli esseri umani con abbigliamento adatto alle sale controllate (Austin e Timmermann, 1986)


    Emissione Particelle/min/ft 3 (³ 0,3 mm)

    Attività fisica

    100 000

    Seduto o in piedi - immobile

    500 000

    Seduto con leggeri movimenti della testa, braccia o gambe

    1 000 000

    Seduto con movimenti moderati della testa, braccia o gambe

    2 500 000

    In piedi in completo movimento

    5 000 000

    In cammino a passo lento

    7 500 000

    In cammino con passo vigoroso


    L’inquinamento dovuto all’aria esterna può essere controllato mediante un’efficace filtrazione della stessa nelle unità di trattamento dotate di filtri ad alta efficienza (a tasche con efficienza F9), preceduti da uno stadio di filtrazione grossolana efficienza G4. L’aria così trattata viene poi ulteriormente filtrata tramite filtri HEPA installati direttamente nell’ambiente.

    Per quanto riguarda quello dovuto alle persone e al processo, l’unico sistema, oltre a prescrivere un abbigliamento adatto, è quello di incrementare il numero totale di ricambi nell’ambiente trattato, in modo che l’aria ambiente passi molte volte attraverso filtri ad altissima efficienza. La Tabella 2 riporta il numero di ricambi/ora necessari in funzione della classe di pulizia delle sale controllate, il tipo di filtro terminale, nonché il tipo di immissione aria da adottare e il fabbisogno energetico specifico. Vengono infine riportati alcuni valori indice relativi riferiti al costo di investimento e di esercizio per le sale controllate di varie classi.

    Tabella 2: Parametri significativi per la progettazione delle sale controllate


    Classe di pulizia

    Efficienza filtro terminale

    Numero ricambi ora

    Tipo imm. aria

    Fabb. energia KW/m²

    Indici di costo

    ISO 14644

    US Fed 209

           

    impianto

    esercizio

    1

    -

    -

    -

    -

    -

    -

    -

    2

    -

    -

    -

    -

    -

    -

    -

    3

    1

    U 17

    500-600

    unidirez.

    1,20

    10

    9,5

    4

    10

    U 16

    300-450

    unidirez.

    1,00

    8

    7,5

    5

    100

    H 14

    200-300

    turbolento

    0,50

    5

    3,7

    6

    1.000

    H 13

    20-60

    turbolento

    0,40

    2,5

    2,1

    7

    10.000

    H 12

    10-25

    turbolento

    0,20

    1,4

    1,3

    8

    100.000

    H 11

    8-15

    turbolento

    0,15

    1

    1

    9

    -

    -

    -

    -

    -

    -

    -


    Nota: Il fabbisogno di energia può considerarsi per 1/3 per raffreddamento, e 2/3 per ventilazione


     

    Progettazione di impianti di condizionamento per sale chirurgiche in funzione delle indicazioni dell’ASHRAE


    Il principale obiettivo di un impianto di condizionamento di una sala chirurgica è di garantire un’elevata qualità dell’aria. Per riuscirci è necessario ottenere in ordine di importanza:


    Una portata d’aria esterna elevata, per diluire le concentrazioni dei gas medicali e degli agenti biologici, e costante nel tempo. In alcune nazioni è consentito utilizzare portate minori di aria esterna, a prezzo di un più elevato ricambio totale di aria, utilizzando quindi un trattamento a parziale ricircolo. A questo proposito l’ASHRAE afferma chiaramente che, nelle sale operatorie, l’utilizzo del 100% di aria esterna deve essere previsto solo quando richiesto dalle normative e solo se sono previsti dispositivi di recupero del calore.

    L’aria deve essere immessa a livello del soffitto e ripresa o espulsa da almeno due griglie poste a livello del suolo. I diffusori devono essere di tipo unidirezionale e incorporare i filtri assoluti ove richiesto. Devono essere assolutamente evitati diffusori ad alta induzione a soffitto o a parete.


    Un’efficace filtrazione dell’aria immessa, tale da garantire che la stessa sia virtualmente libera da polvere, sporco, odori e contaminanti chimici e radioattivi. Filtri assoluti con efficienza H13 o H14 devono essere sempre utilizzati, specialmente nelle operazioni di ortopedia, trapianti di midollo osseo e di organi, e negli interventi su ustionati o su soggetti affetti da HIV. Si tenga peraltro presente che le esperienze epidemiologiche hanno dimostrato che molti virus presenti nell’aria che trasportano infezioni hanno dimensioni inferiori a 1 m, e non esiste alcun metodo noto che possa efficacemente trattenerli al 100%. Anche i trattamenti con lampade germicide o con iniezione di sostanze disinfettanti non si sono dimostrati affidabili, pertanto il solo vero sistema efficace è il mantenimento sicuro e affidabile dei gradienti di pressione richiesti fra la sala operatoria e il locali adiacenti.


    Un rigoroso controllo della direzione dei flussi d’aria, dall’ambiente più critico verso quelli meno protetti. Come regola empirica, la portata dell’aria immessa deve essere maggiore o minore del 15% rispetto a quella espulsa, a seconda che si desideri mantenere il locale in sovrappressione o in depressione. E’ buona norma prevedere indicatori di pressione differenziale montati localmente per permettere il controllo del gradiente di pressione; è altresì indispensabile una rigorosa sigillatura di tutti gli attraversamenti di pareti, pavimenti e soffitti, nonché l’adozione di porte con ottime caratteristiche di tenuta.


    Un buon controllo della temperatura e umidità, con particolare riferimento al loro gradiente. L’ASHRAE raccomanda che la temperatura ambiente possa essere impostata dal personale operatorio in un campo compreso fra 17 e 27°C, con umidità relativa mantenuta fra il 45 e il 55%.


    Sia in Italia che all’estero sono state emesse Norme per soddisfare tali necessità. Esse differiscono in alcuni punti anche di grande importanza. La Comunità Europea si sta attivando per raggiungere una armonizzazione delle Norme in un settore tanto critico.


     

    La tendenza impiantistica per la progettazione di blocchi operatori


    Il condizionamento dell’aria delle sale chirurgiche ha visto sino ad alcuni anni fa l’installazione di grandi unità di trattamento dell’aria con batteria ad acqua refrigerata, eventualmente del tipo multizone, che servivano contemporaneamente più sale chirurgiche. Venivano poi predisposte delle macchine di riserva in stand by per permettere un funzionamento di emergenza tramite un complesso sistema di canali e di serrande motorizzate o in qualche caso manuali.

    Questo sistema di progettazione permetteva un discreto trattamento dell’aria; era però di difficile gestione e molto rigido nei confronti delle temperature e umidità delle singole sale; la macchina in stand by inoltre non poteva dare alcuna garanzia di essere in condizioni di sterilità al momento della messa in servizio.

    Attualmente le tecnologie operatorie sono in continua evoluzione e sempre più sofisticate sono le richieste di trattamento termoigrometrico, oltre che di filtrazione dell’aria trattata. Vengono infatti richieste condizioni differenti a seconda del tipo di operazione, sia per quanto riguarda la temperatura, che varia dai 16÷18 °C della cardiochirurgia ai 24÷26°C delle sale parto, sia per l’umidità relativa, che nel caso di operazioni su ustionati o alla gola raggiunge il 70%.

    E’ evidente che condizioni così diverse non sono compatibili con l’impiantistica tradizionale sopra descritta, in quanto il post-trattamento locale necessario sarebbe tanto impegnativo da rendere quasi inevitabile l’adozione di una macchina che effettua tutto il trattamento localmente. Sta infine nascendo l’esigenza di proteggere l’ambiente circostante durante le operazioni di pazienti settici, mantenendo la sala in depressione rispetto al locale di riferimento (normalmente il corridoio pulito).

    Tutto questo ha portato alla convinzione che la soluzione più valida sia l’installazione di una singola unità di trattamento dell’aria per ogni blocco chirurgico (sala operatoria, sala preparazione e risveglio), per poter ottenere il trattamento più consono alle esigenze delle operazione chirurgiche senza influenzare le condizioni delle altre sale. La macchina viene quindi vista, assieme alle canalizzazioni e al filtro assoluto, come componente della singola sala, rendendone inutile la ridondanza, in quanto la sua eventuale difettosità (peraltro remota, viste le scelte tecniche che devono essere adottate per garantirne la massima affidabilità) viene inserita in una valutazione probabilistica come la possibile difettosità dell’impianto di illuminazione, dei gas anestetici o delle porte scorrevoli. In questa maniera invece che la ridondanza sulle unità di trattamento viene valutata la ridondanza di una completa sala chirurgica. Per diminuire ulteriormente la probabilità di guasto della macchina possono essere previste versioni con il doppio ventilatore di mandata e di espulsione. Il secondo ventilatore in parallelo al primo si alterna con questo ogni sei ore di funzionamento e lo sostituisce in caso di difettosità. Anche il secondo ventilatore deve essere dotato di inverter in modo da garantire la portata aria costante e la perfetta gestione della sovrappressione o depressione della sala e quindi il funzionamento ottimale della macchina stessa.


     

    Condizionatori d’aria per sale di cardiochirurgia


    Le attuali tecniche operatorie prevedono per la cardiochirurgia temperature della sala di circa 16÷18°C e umidità relativa del 55%. Per avere in sala tali condizioni (es. 16°C con 55%), è necessaria una temperatura di uscita dalla batteria fredda di circa 7°C, per poi postriscaldare, in parte con una batteria ad acqua o elettrica e in parte con il calore dissipato dal motore e quello endogeno (équipe chirurgica, lampade scialitiche e dispositivi elettronici). Con le normali unità di trattamento con batteria ad acqua refrigerata collegate al "water chiller" dell’ospedale che normalmente lavora con acqua 7 - 12°C, tali condizioni di uscita dell’aria non sono raggiungibili.

    Sono quindi possibili due diverse scelte tecniche:

    - Condizionatori d’aria per sale chirurgiche con circuito frigorifero ad espansione diretta

    In questo caso i compressori, sempre due per questioni di sicurezza e dei quali uno dotato di regolazione tramite iniezione elettronica di gas caldo per la modulazione della potenza frigorifera in funzione delle condizioni dell’aria esterna, vengono dimensionati per permettere le richieste condizioni di uscita dell’aria. Questa soluzione è molto semplice e ottimale in installazioni ove non sia presente un water chiller centralizzato dell’ospedale o dove lo stesso non venga tenuto in funzione tutto il giorno o non ci sia la sicurezza della giusta temperatura dell’acqua.

    - Unità di trattamento dell’aria con batteria ad acqua refrigerata e batteria di postraffreddamento ad espansione diretta o ad acqua glicolata

    A valle della batteria fredda a otto ranghi viene installata una batteria a tre ranghi di postraffreddamento alimentata con acqua glicolata (-3÷+2°C) da un refrigeratore d’acqua dedicato a questo utilizzo. La batteria non è dotata di valvola di regolazione in quanto la modulazione della potenza viene affidata alla batteria a otto ranghi. Questa soluzione è ottimale in caso di ospedale con varie sale cardiochirurgiche. Presenta però l’inconveniente che in caso di guasto del refrigeratore ferma tutte le sale.

    In alternativa si può utilizzare un circuito di postraffreddamento a espansione diretta con compressore e un condensatore ad acqua normalmente alimentato dall’acqua del refrigeratore. Questa soluzione è ottimale in caso di singola sala cardiochirurgica e in caso di guasto ferma solo questa.

    Figura 1: Condizionatore per sala chirurgica con trattamento di tutta aria esterna

    Figura 2: Condizionatore per sala chirurgica con trattamento di tutta aria esterna con recupero di calore




    Sistemi a plafone diffusore

    Il plafone diffusore consente di mantenere un flusso dell’aria omogeneo e costante all’interno, una filtrazione prossima a 1 c.f.u. nell’area interessata, l’eliminazione di fastidiose barriere, quali cortine trasparenti o schermi per la guida del flusso laminare.

    Il principio è basato sul controllo di alcuni parametri essenziali:

    una portata di aria sufficiente a garantire il comfort termico;

    una filtrazione molto spinta dell’aria, in corrispondenza del punto di immissione di questa nel locale, in modo da evitare la formazione di aree contaminabili tra i filtri e il locale stesso;

    una velocità dell’aria ridotta e differenziata che, grazie a un particolare diffusore microforato, crea una campana dinamica di aria sterile, senza interferenze interattive con l’aria interna al locale e una notevole quantità d’aria in meno immessa nel locale, rispetto al flusso laminare tradizionale.

    I vantaggi diretti e indiretti che provengono dall’utilizzazione di questo sistema sono così sintetizzabili:

    risparmio energetico dovuto alla ridotta portata per unità di superficie e ai bassi valori di perdita di carico offerta dai filtri;

    assenza di barriere quali cortine e schermi, grazie al particolare profilo controllato dall’aria immessa, con riduzione di vortici, turbolenze ed eliminazione di induzioni;

    riduzioni nel dimensionamento dei condizionatori con conseguenti costi di investimento e di gestione più bassi.

    Il posizionamento e il dimensionamento del soffitto diffusore, rispetto al letto operatorio, sono fondamentali e vanno progettati essenzialmente in funzione del tipo di sala e del letto operatorio scelto ( fisso o mobile). E’ preferibile analizzare l’installazione tenendo conto delle esigenze operative dell’équipe, della strumentazione tecnica solitamente impiegata (apparecchiature pensili., lampade scialitiche ecc.), della posizione e mobilità degli operatori.

    Nel realizzare l’impianto, il progettista deve preferibilmente posizionare il 75% delle bocchette di ripresa in basso e il resto in alto e munirle di prefiltri.

    Utilizzando un plafone diffusore di adeguate dimensioni (6 ÷10 m2 ) si immette una quantità d’aria che varia tra i 20 e 50 ricambi, ma che potrebbe essere costituita per l’85% d’aria di ricircolo e per il 15% d’aria di rinnovo.

    Il plafone monta filtri HEPA batteriostatici, a velocità decrescente dal centro verso la periferia, che permettono di assicurare sia presenza di aria sterile sia un lavaggio estremamente efficace dell’area.

    Le esperienze quasi decennali condotte su blocchi operatori dotati di sistema a plafone diffusore hanno dimostrato che con questa soluzione si ottiene un effetto di lavaggio molto rapido, per cui non è necessario far funzionare al 100% il sistema 24 ore su 24 ore, ma unicamente per la durata degli interventi. E’ sufficiente porre in esercizio al 100% il sistema con mezz’ora di anticipo sul primo intervento, per ottenere la qualità d’aria desiderata.

    La buona tecnica di progettazione prevede il mantenimento della sovrappressione in modo costante e pertanto è consigliata una quantità minima di aria attraverso lo stesso plafone anche durante il periodo non operativo.

    Unità di trattamento dell’aria


    Le unità di trattamento aria utilizzate per la climatizzazione delle sale chirurgiche devono avere le seguenti caratteristiche:

    - Essere realizzate con una struttura metallica a perfetta tenuta d’aria, sia nelle parti in sovrappressione, dalle quali potrebbe uscire contaminazione, sia nelle parti in depressione che potrebbero permettere l’entrata nella macchina di sostanze inquinanti. La Norma Europea EN1886 classifica le unità di trattamento in tre classi, in funzione della tenuta all’aria: le macchine per sala chirurgica devono essere conformi alla più rigorosa, la classe "B". Per ottenere questo risultato, macchine costruite con profili in alluminio non sono normalmente idonee, ma devono essere adottate strutture in lamiera saldata e stuccata prima della verniciatura.

    - La verniciatura della struttura deve poter resistere a sterilizzazioni anche quotidiane, pertanto deve essere in resina epossidica dopo sabbiatura, metallizzazione e primer.

    - I pannelli di chiusura devono essere di tipo "sandwich" da 50 mm di spessore con adeguato isolamento termico e opportuni oblò affinché la macchina posa essere ispezionata senza la necessità di interromperne il funzionamento.

    - Devono essere dotate di due sezioni ventilanti, una di mandata e una di ripresa ed espulsione. Entrambe hanno ventilatori a portata variabile mediante variatore di velocità ad inverter. La sezione di mandata prevede un prefiltro efficienza G4 e un postfiltro F9. Quella di ripresa e espulsione un prefiltro G4. E’ indispensabile che la tenuta all’aria delle guarnizioni di questi filtri sia conforme alla Norma EN1886.

    - L’inverter sull’elettroventilatore di mandata, grazie a un misuratore di portata interno alla macchina, gestisce la costanza della portata stessa nonostante la crescita delle perdite di carico dovuta all’intasamento dei filtri e quindi permette di lavorare bene anche a filtri non più puliti.

    - L’inverter sull’elettroventilatore di ripresa ed espulsione, grazie alle indicazioni di un pressostato differenziale installato a cavallo tra la sala chirurgica e il corridoio pulito, gestisce la sovrappressione o depressione dell’ambiente.

    - La macchina deve essere prevista per la pulizia e l’eventuale sterilizzazione, perciò le batterie devono avere le alette in alluminio preverniciato con vernice epossidica e le spalle, come pure le bacinelle e in generale tutto quanto è a contatto con acqua di condensa, in acciaio inox. Ogni componente in alluminio o in lamiera zincata deve essere escluso o protetto da verniciatura con resine epossidiche.

    - Tutti i componenti in flusso aria devono essere raggiungibili per la sterilizzazione da entrambi i lati o, in alternativa, devono essere facilmente rimovibili dalla macchina.

    - I sistemi di recupero calore, prescritti dalla normativa o comunque consigliabili a causa del funzionamento con tutta aria esterna, devono sempre essere costituiti da batterie ad acqua glicolata collegate da un circuito idraulico con pompa. Questo, nonostante il basso rendimento, che non supera il 45-50%, è l’unico sistema di recupero che garantisce la separazione certa del flusso d’aria di mandata da quello d’espulsione. I sistemi con scambiatori a piastre in controcorrente non escludono infatti la "cross contamination" in caso di rottura di una delle alette

    - L’umidificazione deve essere a vapore ad elettrodi immersi a resistenze elettriche o collegata a un’eventuale rete esistente di vapore pulito. Se l’Ospedale è dotato di una rete di vapore per riscaldamento e processo, si possono utilizzare scambiatori vapore/vapore per la produzione di un fluido di idonee caratteristiche di pulizia. L’umidificazione ad acqua a spruzzamento, o altro tipo adiabatico, deve essere rigorosamente bandita.

    - Le macchine devono essere dotate di software con programma integrato di "stand by notturno", che consente la riduzione di portata durante i periodi di fermo, poiché l’impianto della sala chirurgica deve rimanere in funzione anche nei periodi di non utilizzo per mantenere il gradiente positivo di pressione e prevenire quindi contaminazioni dall’esterno.



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